08 Nov Certaldo 2019 – sintesi delle giornate di convegno
Si è concluso Sabato 9 novembre il convegno nazionale degli operatori di strada con gli interventi di Stefano Anastasia, docente di filosofia del diritto all’Università di Perugia e Simone Silvestri, magistrato a Pisa, coordinati da Antonio Mumolo di Avvocati di Strada intorno al titolo “Diritto e lavoro di strada”. Tra gli argomenti trattati la questione della residenza anagrafica, uno degli ostacoli più grossi per l’accesso ai diritti, ai servizi, alla sanità delle persone incontrate dai servizi di strada. Si sono analizzati gli effetti delle dinamiche legislative degli ultimi anni e il motore che le ha prodotte, con un dibattito politico che ha messo al centro una certa concezione di sicurezza, degrado urbano e marginalità, con un esito che vede una crescente distanza tra leggi e giustizia.
Dopo la tavola rotonda, moderata da Riccardo De Facci e alla quale hanno partecipato Maurizio Landini (segretario generale della CGIL), Vittorio Bugli (Assessore alla Presidenza della Regione Toscana), Andrea Vannucci (assessore alle politiche sociali di Firenze) e Steni Di Piazza (Sottosegretario di Stato al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali), è intervenuto Don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele e presidente di Libera.
IL LAVORO DI STRADA FRA CONTINUITA’, TRASFORMAZIONE E DIVERSIFICAZIONE DEGLI INTERVENTI
Si è aperta a Firenze, in una cornice molta attenta e numerosa di pubblico, la tre giorni sul lavoro di strada, organizzata da CAT e Gruppo Abele, con la collaborazione di CGIL e CNCA. Riportiamo di seguito una sintesi dei principali interventi del primo giorno di convegno.
Stefano Bertoletti (CAT) ha offerto un rapido, ma efficace, quadro delle principali trasformazioni avvenute nel lavoro di strada e nelle politiche di bassa soglia, confrontando la situazione delle prime unità di strada nel 1994 e oggi. Bertoletti ha descritto i contesti, l’utenza, gli scenari, le politiche all’interno delle quali il lavoro di strada è nato ed è cresciuto nel nostro paese. Questa metodologia di lavoro sociale è riuscita, anche attraverso la ricerca, la formazione, la costruzione di reti, a intercettare i progressivi cambiamenti dei luoghi e degli stili di consumo. Si sono così sperimentate e poi implementate, fra la fine degli anni ’90 e la seconda metà degli anni ’00, nuove metodologie d’intervento. Oggi gli strumenti e i setting di lavoro sono molto più complessi di 25 anni fa, anche perché i bisogni, le domande e i soggetti (migranti, vittime di tratta, persone senza fissa dimora) a cui il lavoro di strada si interfaccia sono sempre più diversificati. Nelle conclusioni, Bertoletti ha proposto due temi emergenti sui quali è opportuno lavorare (stanze del consumo e drug checking) e ha posto con forza la questione del riconoscimento politico della riduzione del danno.
Anche nel successivo intervento, Leopoldo Grosso (Gruppo Abele) ha offerto una ricostruzione storica sintetica dei cambiamenti attraversati dal lavoro di strada, soffermandosi sulla questione dell’ampliamento dell’utenza. Utenza dei servizi a bassa soglia che è sempre più composita, stratificata e che ha diviso in quattro grandi categorie: emarginazione; esclusione; marginalità e rischio circostanziale. Grosso nelle conclusioni ha valorizzato i punti di forza ormai consolidati del lavoro di strada: il valore della relazione e dell’aiuto alla persona, del mettere in contatto attraverso servizi di frontiera, così come della capacità di produrre relazione.
Il focus del secondo blocco di interventi è stato sulle trasformazioni urbane, sui soggetti e sui gruppi, tradizionali e nuovi, con cui il lavoro a bassa soglia si confronta. Claudio Cippitelli (Parsec) ha analizzato il caso romano, soffermandosi sull’idea che la città è un corpo vivo, in continua trasformazione, attraversato non solo da bisogni e da relazioni, ma da desideri. Ciò pone sfide inedite al lavoro di strada, che deve sviluppare sempre più, attraverso la ricerca, un nuovo modo di offrire servizi.
Agostino Petrillo (Università di Milano) ha indagato i rapporti tra centro e periferia, che oggi sono sempre più originati da una domanda politica di sicurezza e di controllo sociale. Tali politiche securitarie però rischiano di accentuare le disuguaglianze esistenti nei territori, così come di aggravare la diffusa condizione di solitudine e d’isolamento. Le nuove periferie sono molto più variegate, a livello di composizione sociale, delle periferie degli anni ’70, anche in relazioni alle forti trasformazioni produttive che hanno investito tutto lo spazio urbano. Si rende necessario, piuttosto, creare interventi in grado di fare emergere le energie, le risorse e le ricchezze accumulate nelle periferie.
Nell’intervento di Stefano Vecchio (Forum Droghe) è stato posto il nodo di come recuperare conoscenza e sapere politico all’interno del lavoro sociale. Di fronte alla persistenza di forti processi di stigmatizzazione verso determinati stili di consumo di sostanze, le politiche di riduzione del danno devono fronteggiare complesse questioni. In primo luogo, mettere in discussione e se necessario cambiare il linguaggio del lavoro di strada, della riduzione del danno.
DROGHE, DIRITTO ALLA SALUTE E COMUNICAZIONE: L’IMPORTANZA DI SEMPLIFICARE IL LAVORO SOCIALE
La seconda giornata di Certaldo2019 si è aperta con una tavola rotonda sui temi della comunicazione sociale. Molti i temi posti in relazione alle difficoltà che il lavoro sociale ha sempre avuto nel raccontare il proprio operato e nel raccontarsi attraverso i mass media.
Massimo Cirri, giornalista di Radio2, dopo un commosso ricordo di Franco Basaglia e del suo lavoro di liberazione dei “matti”, ha enfatizzato il valore della narrazione, che deve essere resa in modo semplice e accessibile: troppe volte, al contrario, il lavoro sociale, quando si racconta, si rinchiude in linguaggi specialistici e auto-referenziali. E’ invece necessario, rapportandosi con i mass media, adottare un linguaggio semplificato, alla portata di tutti.
Flavia Fratello, giornalista de LA7, ha insistito sul valore esemplare della storie di vita, ritenuti il migliore strumento per trasmettere contenuti percepiti come troppo specialistici e settoriali. Riflettendo su come vengono costruite le notizie che hanno a che fare con le sostanze, ha affermato che in generale le droghe non fanno notizia, e che quindi spesso l’argomento viene affrontato in circostanze drammatiche e spettacolari (morti per overdose). La giornalista, spiegando le dinamiche del lavoro redazionale, ha elencato delle linee-guida per una buona comunicazione del lavoro sociale, riassunti in quattro punti: semplificazione; adeguarsi al contesto (tipo di testata, tempo a disposizione); concretezza, che è il veicolo migliore per portare emozioni e concetti; rapidità di risposta.
Alessandro De Pascale e Fabrizia Bagozzi hanno discusso e problematizzato quanto riportato dai colleghi, sostenendo che è comunque possibile fare giornalismo in modo critico, approfondito sulle droghe e sul lavoro sociale.
Molti, e a volte polemici, gli interventi dal pubblico. Sono stati citati casi di strumentalizzazione, da parte della stampa, di eventi tragici legati alle sostanze, ed è stata criticata la tendenza alla spettacolarizzazione, sempre e comunque, dei mass-media.
Nella sessione del pomeriggio, Denise Amerini (CGIL) ha argomentato la centralità dell’art. 32 della Costituzione nel sostanziare un diritto alla salute che non è legato alla cittadinanza, ma che è definito come fondamentale ed è attribuito a tutte le persone. Si tratta, quindi, di rendere effettivo, concreto, eseguibile tale diritto alla salute, indipendentemente dalle scelte e dagli stili di vita, e contrastando i tagli ai servizi socio-sanitari e al Welfare.
Susanna Ronconi (Forum Droghe) ha enfatizzato l’importanza che hanno avuto le politiche di riduzione del danno nel migliorare l’accessibilità ai servizi, svolgendo così un’efficace azione di advocacy, in particolare rendendo esigibile il diritto alla salute per tutti i consumatori di sostanze.
Edoardo Polidori (UO Dipendenze Patologiche Forlì) ha rilevato come in Italia ci sia un gap, rispetto all’Europa, nelle politiche di riduzione del danno. In particolare, c’è una scarsa comunicazione su questi temi, che risultano oltre tutto poco attraenti al mondo politico.